Le sfide che si prospettano per il commercio al dettaglio senza checkout e basato sull’IA su larga scala
Ai negozianti di generi alimentari non piacciono le rivoluzioni. Preferiscono un ritmo costante delle scorte, clienti prevedibili, fornitori stabili e promozioni stagionali. Poi è arrivato il Covid-19 e quasi tutto ha chiuso, tranne i negozi di alimentari (e gli ospedali).
Ormai le promozioni “stagionali” si verificano ogni giorno, mentre gli acquirenti che restano a casa e il distanziamento sociale impongono ai negozianti di soddisfare la domanda di ordini digitali, di modernizzare e potenziare la logistica delle consegne, limitando al contempo il numero di acquirenti che possono entrare nei loro negozi in qualsiasi momento. Questa è la nuova normalità e i negozianti che vi si adattano con successo potrebbero trarre vantaggio da un boom della domanda. Questo fenomeno è determinato da una serie di macroforze: il cambiamento generazionale, l’urbanizzazione e l’ascesa della tecnologia mobile e dell’e-commerce stanno prendendo piede, insieme alla crescente domanda di comodità e velocità.
Noi di Trigo abbiamo già riadattato i negozi esistenti, altri sono in arrivo, e intanto continuiamo a sviluppare la nostra tecnologia. Le riflessioni che seguono si basano sull’esperienza reale di implementazione della nostra tecnologia insieme ai nostri partner.
La fisicità della convenienza
Da quando Amazon ha acquisito Whole Foods nel 2017 e successivamente ha introdotto Amazon Go nel 2018, il settore degli alimentari ha dovuto affrontare una nuova sfida: che cosa succede quando le aspettative dei consumatori in termini di velocità convenienza e sicurezza si estendono anche all’esperienza della vendita al dettaglio fisica? Ci sono volte in cui ordinare online non è funzionale. Per esempio, per i pendolari che vanno o tornano dal lavoro o sono in pausa pranzo, è più semplice entrare in un negozio, prendere qualcosa e uscire. Ci sono anche momenti in cui prevalgono gli aspetti tattili della spesa: il profumo del cibo fresco, l’aspetto di un taglio di carne di prima scelta o la sensazione al tatto dei prodotti: sono esperienze viscerali, che difficilmente possono essere eguagliate dagli acquisti online, e così dovrebbe essere.
È vero che l’e-commerce è in crescita, ma la maggior parte (circa il 95%) degli acquisti di generi alimentari nel mondo avviene ancora fisicamente in negozio. La vendita al dettaglio di generi alimentari non è destinata a scomparire presto. E persino quando il mondo colpito dalla pandemia e in cui vige il distanziamento sociale tornerà a una parvenza di normalità, fare la spesa in modo fisico dovrà comunque rimanere un’esperienza sicura, comoda e rapida. L’adozione generalizzata della vendita al dettaglio di generi alimentari senza casse diventa quindi una questione di quando, non di se.
Sfida #1: la gara è aperta
Amazon ha già in programma o in funzione 26 punti vendita Amazon Go e intende concedere in licenza la sua tecnologia agli operatori dei minimarket aeroportuali. Ma Amazon non è l’unica. Le aziende di tutto il mondo hanno iniziato a sperimentare gli acquisti senza checkout in varie forme. Nano store, negozi ibridi, lab store per soli dipendenti e altri concept store sono diventati parte del nuovo linguaggio dell’industria alimentare.
Ma quando si tratta di una vera esperienza basata sulla computer vision in cui si entra, si prendono gli articoli e si esce dal negozio senza attriti né casse, occorre fare due considerazioni principali: le dimensioni del negozio e il numero di punti vendita nel portafoglio del retailer.
Al momento, il costo di una configurazione hardware per la computer vision (incentrata su telecamere, sensori e server) è ancora relativamente elevato. Secondo le stime, l’hardware dei primi punti vendita Amazon Go di piccole dimensioni è costato oltre 1 milione di dollari.
Anche questi costi si muovono linearmente, perciò se un negozio passa da 280 metri quadrati (la dimensione approssimativa di un Amazon Go) a 560 metri quadrati, il costo dell’implementazione dell’hardware essenzialmente raddoppia. Anche il numero di sensori e telecamere necessari per ogni negozio aumenta di conseguenza.
La buona notizia è che il costo della tecnologia si riduce nel tempo (grazie alla Legge di Moore), ma l’hardware che un retailer impiega oggi deve avere la capacità di cambiare proporzioni nel tempo. L’hardware costruito su misura è costoso e serve solo per piccole superfici; probabilmente non vale la pena di fare questo sforzo per le dimensioni medie di un negozio di alimentari (circa 3.700 metri quadrati). A lungo termine, i sensori disponibili sul mercato possono produrre sistemi più efficienti dal punto di vista dei costi rispetto a quelli realizzati su misura.
Sfida #2: potere il mostra
Anche la potenza di calcolo necessaria per gestire un punto vendita aumenta con l’aumentare delle dimensioni del punto vendita stesso. Inoltre, i negozi più grandi hanno generalmente più prodotti sugli scaffali. Un negozio di alimentari medio negli Stati Uniti, ad esempio, presenta tra le 30.000 e le 40.000 unità di stoccaggio (SKU), mentre i minimarket possono avere anche solo 500 SKU. Più articoli significano più dati che il sistema deve monitorare e più immagini di articoli che devono essere gestite nel back office.
Al fine del funzionamento di una rete di intelligenza artificiale, per poter riconoscere e classificare una categoria di oggetti sono necessarie da 1.000 a 5.000 immagini. Se si moltiplica questo requisito per il numero di SKU per punto vendita, si arriva a decine o centinaia di milioni di immagini che un retailer deve gestire – un’impresa proibitiva anche per le aziende tecnologiche dotate di buone risorse, figuriamoci per i rivenditori di generi alimentari.
Sfida #3: è complicato, ed è proprio così che ci piace!
Per essere efficace, la computer vision deve lavorare in ambienti e scenari che comprende. Le attività di vendita al dettaglio raramente presentano le stessa forma da un punto vendita all’altro. L’altezza dei soffitti, l’illuminazione, l’ingombro fisico, il posizionamento delle unità di condizionamento e persino i prodotti specifici presenti possono variare in larga misura da un negozio all’altro. Ciò aumenta la complessità del lavoro che l’IA deve svolgere.
Conclusione
La risposta non è cercare di costruire nuovi negozi specifici per i sistemi di intelligenza artificiale e computer vision (AICV), ma convertire i negozi esistenti in sistemi AICV in grado di affrontare scenari reali. Quanto più velocemente si potranno sperimentare i sistemi AICV in situazioni reali, tanto più saranno in grado di adattarsi ai cambiamenti tra i punti vendita su scala. È su questo che noi di Trigo stiamo lavorando: sulla scalabilità della tecnologia AICV per realizzare negozi autonomi. Mentre la guida completamente autonoma è ancora in fase di sperimentazione, per il retail abbiamo già una soluzione funzionante.